Andrea di Pietro della Gondola detto “Palladio” nacque a Padova nel 1508 e muore a Vicenza nel 1580; dal punto di vista della progettazione architettonica adotta un modulo (un sistema) che applica a tutte le sua architetture. Fu un personaggio particolare perché dal punto di vista architettonico legato alla progettazione e alla teoria vestirà un ruolo di cerniera tra il modo di concepire l’architettura che lo procede e quello che lo segue; è importante perché non solo inventa un metodo progettuale tutto suo che non solo si limita a riutilizzo del linguaggio antico (che applicherà in maniera sistematica nelle sue diverse architetture) ma sarà anche un teorico molto importante (sarà l’artefice dei famosi quattro libri sull’architettura che costituiscono un corpus di disegni realizzate durante i suoi viaggi a Roma, in parte frutto della sua rielaborazione personale, elaborazioni di edifici romani, oppure progetti nuovi e rielaborazioni di progetti a lui contemporanei).
Come abbiamo detto Andrea Palladio è importante per il suo schema progettuale che si basa essenzialmente su una pianta a schema quadrato (suddivisa in genere in un reticolo di linee tra loro parallele e perpendicolari che vanno a definire uno schema in genere diviso in 9 a cui ogni quadrato attribuisce una funzione di tipo abitativo, che può essere presente o meno all’interno della progettazione a seconda delle necessità che si presentano).
Di Andrea Palladio è fondamentale la formazione, nasce a Padova come scalpellino (quindi la sua formazione è di cantiere) e all’arte degli scalpellini di Vicenza si iscrive nel 1524; la sua fortuna fu quella di avere una intelligenza spiccata che lo portava ad interessarsi del fenomeno del cantiere in tutti i suoi aspetti (quindi non si limitava a studiare il suo intervento all’interno dei cantiere ma guarda nell’insieme il cantiere nei suoi più piccoli dettagli), tanto è vero che sarà uno dei pochi architetti del 500 a poter sovrintendere un cantiere dal punto di vista progettuale (e come ci aveva insegnato Baldassarre Perizzi bisogna pensare in termini di soluzioni aprioristiche dei diversi problemi che si possono presentare all’interno del cantiere, quindi sia dal punto di vista costruttivo che da quello formale), ma anche alla realizzazione dei più piccoli dettagli.
Il ruolo della pittura avrà abbastanza importante nella costruzione di alcune ville del vicentino (perché ad un certo punto Palladio inizierà a progettare una serie di ville per dei grandi proprietari terrieri della repubblica veneziana), il pittore Paolo Veronese farà spesso coppia con lui nella decorazione degli ambienti interni, creando (sulla scia di Baldassarre Peruzzi alla Farnesina) delle prospettive illusionistiche (una delle più importanti fu la villa di Masser).
Palladio avrà anche la fortuna di conoscere due personalità notevoli della cultura umanistica e rinascimentale dell’epoca, che furono Daniele Barbaro e Giangiorgio Trissino, con il primo (che gli diede tra l’altro il soprannome di Palladio) fece numerosi viaggia Roma e grazie a lui avrà l’idea di scrivere lui stesso un trattato di architettura, da cui i famosi quattro libri di architettura (anche se avevano progettato di illustrare l’opera di Vitruvio, ma il progetto rimase tale).
Il ruolo di teorico dato da palladio sarà riconosciuto quasi immediatamente, tanto che diventerà uno dei membri onorari dell’accademia di disegno fondata da Cosimo de Medici e sarà anche uno dei fondatori dell’accademia olimpica di Vicenza (ovvero un cenacolo di intellettuali vicentini molto ristretto, i quali si riunivano nel famoso teatro Olimpico che riflette una adesione incondizionata al linguaggio antico e che verrà costruito appunto da Palladio, in collaborazione con Vincenzo Scamozzi, che sarà il suo primo assistente e colui che erediterà la cultura ed il modo di operare di Palladio).
Sia Giangiorgio che Daniele saranno i maggiori committenti, grazie alla conoscenza di questi due personaggi riuscirà ad affermarsi quasi prepotentemente nella seconda metà del 500 nel panorama architettonico di laguna e sopratutto in terraferma; grazie a Daniele Barbarò avrà l’opportunità di conoscere l’architettura antica anche dal punto di vista teorico e grazie a Giangiorgio riuscirà ad inserirsi nell'élite cittadina vicentina e conoscere la maggior parte dei suoi committenti, in particolare possessori di grandi poderi.
Dobbiamo pensare il sistema delle ville venete costruite da Andrea Palladio come un sistema di conduzione agricola vera e propria, per cui sono delle vere e proprie aziende che hanno in se la villa importante e tutto un sistema di infrastrutture edilizie collegate all’agricolture (come granai, stalle, magazzini, depositi per l’olio, frantoi, eccetera) concepite da questi stessi architetti (quindi non solo la casa patronale ma anche tutta una serie di edifici che servono a mandare avanti il podere)
Di Palladio gli storici hanno individuato tre momenti fondamentali che corrispondono a tre diverse fasi della maturazione in campo architettonico; una prima fase è quella della ricerca, una ricerca che si svolge prevalentemente in ambito teorico (che coincide con i numerosi viaggi che potrà realizzare a Roma, grazie anche a Daniele Barbaro) e nella realizzazione di architetture che rimandano al linguaggio antico in una maniera quasi testuale (realizzazioni che in questo periodo coincidono nella Basilica di Vicenza [], che coincide con l’organizzazione di spazi architettonici preesistenti, si tratta infatti di una scatola architettonica che va a racchiudere degli edifici preesistenti di carattere medioevali, attraverso l’utilizzo di un’elemento ordinatore dato da una campata che vede nel motivo della seriana un’elemento fondamentale, l’adesione a questo linguaggio architettonico è chiaramente una adesione ad un linguaggio architettonico antico nella sua maniera più fedele.
Si tratta quindi di una loggia su due piani, al primo livello il numero degli archi fu determinato dalla disposizione del vecchio edificio; inoltre, nel decidere le dimensioni delle campate, si dovette tener conto di tre grandi corridoi di ampiezza variabile, che corrono rettilinei all’edificio, al di sotto della grande sala.
Su ogni pilastro della loggia si trova una semicolonna, in corrispondenza della quale la trabeazione sul muro fa risalto; colonne libere più piccole sono inserite all’interno dell’ordine maggiore ed il loro architrave serve da imposta agli archi a tutto sesto. Una forma simile a questo motivo “palladiano” era già comparsa in uno dei quattro libri di Serlio e nel piano superiore della libreria si Sansovino, nella basilica tuttavia questo motivo ha un’ordine pratico: separando gli elementi dell’ordine minore dal pilastro Palladio riuscì ad integrare le vecchie campate, di ampiezza variabile, in un sistema di arcate apparentemente regolari. Inoltre, differentemente dalla libreria marciana, qui a Vicenza le decorazioni sono riservate alle chiavi d’arco ed alle statue sull’attico, inoltre l’intera struttura si fonda sull’ordine dorico del piano terreno e non sullo ionico del secondo ordine.
Un secondo momento consiste nello studio di soluzioni progettuali che gli consentano di fare in modo che la sua architettura (che è sopratutto di tipo residenziale e con un tipo di committenza che è prevalentemente quella che abbiamo visto prima) entrasse in rapporto con il contesto circostante; quindi le sue architetture cercano sempre un dialogo con il mondo circostante, in alcuni casi questo dialogo viene risolto come continuità dello stesso paesaggio architettonico; come nella villa Capra detta la rotonda, una villa che si trova in cima ad un cocuzzolo e che serve ad aumentare l’altezza del cocuzzolo concludendolo in modo adeguato, inoltre introduce un podio (come nell’architettura di Giuliano da Sangallo) utilizzato come elemento di raccordo con l’ambiente circostante; dal punto di vista dell’applicazione dell’ordine architettonico la villa introduce un’elemento nuovo, ovvero la presenza di un pronao come ingresso di chiaro riferimento templare, mai utilizzato all’edilizia civile (quindi c’è una adesione completa al linguaggio architettonico antico ma la funzione che queste strutture hanno cambiano).
Lo spazio centrale della villa viene concepito come se fosse un vano di crociera di un’edificio religioso, tanto è vero che è coperto da una cupola, per cui dal punto di vista della distinzione forma-funzione arriva un momento in cui quasi non esiste più il concetto di funzione, nel senso che anche l’ingresso di un’edificio civile può essere considerato un qualcosa di sacro, per cui immagina uno spazio che facilmente si potrebbe adattare ad un’edificio religioso, quello che gli importa è applicare un linguaggio che sia il più possibile fedele all’antico.
Dal punto di vista planimetrico si trova in questa villa lo schema che consentirà ad Andrea di porte declinare una serie infinita di planimetrie, sia che si sviluppino in termini di quadrati che di rettangoli, questo sistema di suddivisione della pianta in una serie di sottomoduli (che possono essere a loro volta suddivisi) consente molte planimetrie.
Un’altro modo di approcciare la natura da parte di Andrea è risolta nella villa Barbaro di Maser, in cui è evidente un’approccio diverso rispetto al paesaggio e che si sviluppa nell’apertura di grandi logge laterali che affiancano l’edificio principale (risolto con un’ordine gigante che inquadra il primo ed il secondo piano, un’ordine che viene adottato in un edificio residenziale, anche questo sconvolge i contemporanei di Palladio, ovvero un modo di accettare l’antico ma utilizzato in maniera diversa, quindi l’antico viene usato in maniera letterale ma con una funzione che cambia completamente).
Quindi nella parte centrale abbiamo un’ulteriore passo in avanti con il ruolo del paesaggio come elemento determinante nella soluzione architettonica di Palladio, che si basa (dal punto di vista progettuale) sull’individuazione di un sistema progettuale basato su un rapporto modulare definito da un quadrato o da un rettangolo diviso in sottomultipli ed ad ogni modulo è data una definizione abitativa precisa, che può esserci o non esserci a seconda delle necessità. Nel caso della villa di Masser abbiamo una coincidenza tra l’edilizia residenziale e quella di supporto all’attività agricola; le architetture laterali si chiamano barchesse, le quali raccolgono nell’area veneta magazzini e stalle e tutte quelle di supporto all’attività agricola, in questo caso Andrea Palladio le concepisce unitamente all’architettura residenziale, ma la loro funzione viene denunciata all’esterno perché l’ordine architettonico viene utilizzato solo nell’architettura residenziale. Il rapporto con il paesaggio si attuale attraverso le ali, le quali attraverso il portico sono aperte al paesaggio circostante.
Anche qui un’altro elemento importante di rottura è il timpano spezzato nella zona centrale per raccogliere lo stemma della famiglia.
Un’ultimo momento in cui si può dividere l’opera architettonica di Palladio si ha quando è chiamato a Venezia per la chiesa del Redentore alla Giudecca e quella di San Giorgio Maggiore. Ci troviamo nella fase matura dell’elaborazione architettonica di Palladio che si può riconoscere in una rielaborazione del linguaggio antico (come facevano i suoi contemporanei), si tratta di una lettura personale del linguaggio architettonico antico.
La chiesa del Redentore è una chiesa costruita sul canale della Giudecca ed è molto importante, nata nel 1576 come ex voto della città per essere scampata della peste; dal punto di vista planimetrico è un’edificio molto semplice, si tratta infatti di una chiesa ad aula a cui si affiancano sei cappelle (tre per lato), una navata che termina in un grande vano di crociera, che è ulteriormente separato dalla zona presbiteriale attraverso una cortina di colonne.
Sopra le sei cappelle si trovano una serie di contrafforti che controbilanciano la spinta della navata centrale ed è una citazione chiara ed esplicita della basilica di Massenzio, contrafforti che si vanno a collocare esattamente in corrispondenza delle lesene che segnano la parte esterna della chiesa.
Internamente abbiamo una serie di colonne che scandiscono lo spazio della navata centrale con una trabeazione continua che va a riprende una sorta di diaframma che chiude lo spazio architettonico del presbiterio e lo separa dalla zona dell’abside retrostante (come a San Giorgio anche qui coro e presbiterio sono separati da un semicerchio di colonne libere). Il visitatore si trova quindi in un’ambiente oblungo e moderatamente alto, circondato da semicolonne; di fronte all’ingresso un grande arco (che poggia su colonne che si staccano dal muro della navata principale) si apre in corrispondenza dell’altare principale e sulla zona sotto la cupola.
Nella facciata troviamo un’ordine maggiore che è trattato come se fosse un tempio in antis, in questo caso il timpano principale corrisponde alla sommità della volta, al di sopra si innalza un’alto attico ed il tetto della navata principale, mentre sui semitimpani si trovano i contrafforti e la trabeazione dell’ordine minore (che corrisponde alla trabeazione principale all’interno); in questo caso quindi la facciata riflette in modo chiaro il sistema strutturale interno, in modo tale da diventare parte integrante dell’edificio
Un’altro edificio religioso importante per l’adesione al linguaggio architettonico antico è la chiesa di San Giorgio Maggiore non costruita ex novo da parte di Palladio ma va a riprendere una costruzione preesistente, si tratta di una chiesa a basilica, con cupola sopra la crociera, transetto concluso da semicupole ed un lungo coro. Si tratta del primo grande edificio ecclesiastico di palladio, la pianta è di tipo comune fino al medioevo, ma il visitatore entrando si trova in uno spazio senza precedenti, tradizionalmente descritto come luminoso, chiaro, semplice e solenne. Notiamo che anche qui, sopratutto negli interni, il linguaggio architettonico è assolutamente aderente al linguaggio precedente; volte e pareti sono rivestite di intonaco bianco, sul quale risaltano semicolonne, paraste ed archi in grigio. In questo caso la chiesa ha una planimetria abbastanza simile a quella del Redentore solo che qui è più complessa, si trovano tre navate (la principale ha tre campate ed è coperta da una volta a botte con lunette, mentre le navate laterali sono coperte da volte a crociera), i pilastri (che sono abbastanza solidi da costituire una chiara separazione fra le navate) non sembrano molto massicci e sono costituiti da una serie di membrature verticali (semicolonne giganti su piedistalli verso la navata principale, più basse paraste binate sotto l’imposta degli archi e semicolonne fra paraste nelle navate laterali); il transetto ha le pareti ricurve il vano di crociera è assolutamente distinto e la zona presbiterale, molto più lunga e larga delle campate della navata principale, è molto marcata e separata dal resto della chiesa (da degli scalini), infine la zona absidale è a sua volta separata da quella presbiterale (sempre con degli scalini). Una tipica invenzione di Palladio è il gruppo di colonne tra presbiterio e coro dei monaci, solo qui le colonne (che nelle altre parti della chiesa sono incastrate nel muro), si presentano libere su tutti i lati.
E’ bene sottolineare che nella concezione palladiana della facciata della chiesa, il portico colonnato del tempio antico rappresenta la soluzione più adeguata, ma mentre l’antico fronte di un tempio è composto da elementi tridimensionali autonomi, la facciata della chiesa cristiana assume il carattere di una superficie a rilievo. Anche qui l’ordine prevalente è quello gigante, con grandi colonne monolitiche di ordine composito che poggiano su grandi pilastri, che vengono ulteriormente elaborati da Palladio, perché vanno a rompere il criterio proporzionale nell’utilizzo della colonna. Si cerca anche qui di utilizzare un linguaggio che rispecchi delle soluzioni architettoniche già viste, infatti le navate laterali sono coperte da semplici triangoli che vanno ad innestarsi sul corpo principale della navata, nascondendo allo stesso tempo i corpi delle navate laterali.
Tuttavia le sezione della basilica cristiana è del tutto differente da quella del tempio antico infatti la navata principale e quelle laterali differiscono in altezza; per ovviare a questo problema (che risolse in tutte le chiese nello stesso modo) Palladio riduce al minimo l’altezza della navate principale rispetto a quelle laterali e collocando in facciata, in corrispondenza della navate principale, un’ordine composito gigante, ai lati invece si trova un’ordine corinzio più basso e più piatto con un semitimpano. In tal modo due sistemi all’antica sono proiettati in facciata, ma dei due risalta notevolmente quello corrispondente alla navata centrale in quanto più alto e con un maggior rilievo rispetto alle navate laterali; entrambi gli ordini inoltre presentano una trabeazione pienamente sviluppata
Del teatro olimpico è l’importante la scena fissa che richiama la scena fissa del teatro romano dell’antichità, realizzato da Vincenzo Scamozzi su disegni di Andrea Palladio, si basa, per quanto riguarda la definizione della scena, su precisi parametri prospettici (per cui c’è una applicazione della prospettiva assolutamente precisa e corretta), analogamente ai teatri romani la platea è costruita artificialmente.
Le facciate dei palazzi che Palladio progetto nel vicentino sono tuttora esistenti, mentre le parti retrostanti non corrispondono quasi mai a quello che aveva progettato l’architetto. In questo caso abbiamo un’ulteriore prova di quanta fosse la considerazione di Palladio verso il testo vitruviano, infatti l’architetto trasforma i palazzi del patriziato vicentino in un’architettura domestica antica, in cui il cortile diventa un monumentale peristilio vitruviano
Il Palazzo Thiene di Vicenza, diversamente dalle altre costruzioni, ricalca fortemente l’architettura fiorentina, con un bugnato e l’ordine architettonico gigante viene applicato non in maniera compiuta dallo stesso Palladio (la famiglia Thiene era una famiglia di banchieri e il messaggio che volevano mandare era lo stesso di quello della zecca di Venezia); anche l’interno i dettagli architettonici rispecchiano le sue influenze, per questo rivelano la materialità dell’architettura e la potenza della pietra, l’interno ripete la zecca di Venezia.
Il fronte romano contiene echi romani e reminiscenze dello stile mantovano di Giulio Romano; la facciata classica di palazzo Chiericati, progettata intorno agli stessi anni, con il suo fronte a colonne, fu determinata dalla sua ubicazione sull’isola; nel progettarla Palladio aveva in mente il portico su due piani che circondava il foro romano
Nel 1571 Palladio venne incaricato della costruzione della loggia del Capitaniato, che si trova di fronte alla basilica vicentina e che era la residenza del capitano veneziano della città. L’ordine gigante composito della loggia è un splendido esempio dello stile tardo palladiano; a paragone dei dettagli chiari ed insolitamente accurati della basilica, le forme sembrano grossolane e violente. Il volume dei pilastri è fortemente ridotto, le finestre del piano superiore interrompono la trabeazione, rozzi triglifi sostengono la trabeazione su cui poggiano i balconi e la parete è soffocata da decorazioni a stucco. Fra queste forme inquiete ed intenzionalmente non classiche, si trovano le quattro colonne allungate, coronate dai loro risalti di trabeazione che hanno l’aspetto dei resti di un’antico edificio, che danno una monumentalità ancora maggiore all’elemento architettonico antico.
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