Tempio Malatestiano di Rimini (dal 1450) Tempio Malatestiano di Rimini (dal 1450)

 La data di inizio dell’opera è il 1450, quando l’artista ha 46 anni (un’età molto avanzate per il tempo); il tempio non è altro che una scatola architettonica che va a racchiudere un edificio preesistente, ovvero la chiesa di San Francesco (del 1200). Sigismondo Pandolfo Malatesta, signore di Rimini, intendeva restaurare questa chiesa e si sa che Leon battista Alberti ottenne l'incarico proprio grazie alle sue conoscenze ecclesiastiche; l’edificio non verrà mai completato, infatti nella moneta di rifondazione l'architetto aveva previsto un secondo ordine, la copertura delle due ali laterali (con l’innesto di due semiarchi), la presenza di un grande arco di trionfo sopra l’ordine del portale principale di accesso, l’interno doveva essere coperto da un’unica grande volta a botte, una cupola ed un transetto. Tuttavia, sebbene non sia completo, questo edificio rappresenta già dal 1450 quello che è il gusto classico e quali sono gli elementi dell'antichità classica verso cui Leon battista Alberti è attratto, infatti in tutte le sue architetture ci saranno delle citazioni letterarie di opere romane. 
 Tuttavia l'architettura di Leon battista Alberti verrà sempre definita come un'architettura disegnata, nel senso che la sua architettura sarà molto di alla forma degli elementi architetto, ai quali però non darà spessore costruttivo così evidente (come invece tentava di fare Filippo Brunelleschi con il suo scheletro architettonico), tant'è vero che l'architettura di Leon battista Alberti sarà più che altro un'architettura di forma (o di disegno); non ha caso si dice che il tempio ha subito una impiallacciatura, nel senso che la struttura è in mattoni, ma è stata ricoperta da un sottile strato di pietra che simula grandi blocchi di materia (come le vere costruzioni romane), un modo economico di intendere l’architettura.
 Come abbiamo detto l'intervento di Leon battista Alberti consiste nella costruzione di una sorta di scatola, a proteggere ed a restaurare le strutture preesistenti della Chiesa di San Francesco, il motivo predominante di questa architettura è quello dell'arco trionfale che segna in maniera molto corte d'ingresso, ma che scandisce le due ali laterali (corrispondenti teoricamente alle due navate più piccole della chiesa) e lungo i fianchi del tempio, dove gli archi non vanno nascondere la struttura originaria della chiesa ma si vanno semplicemente a sovrapporre senza contestare la struttura preesistente (e lasciando inalterati i sepolcri ma munendoli di una nuova veste che non si scontra con la nuova architettura).
 Una citazione evidente in forma e proporzioni è il fatto che la ghiera, il profilo dell’arco e i profili dei pilastri sono esattamente gli stessi dell'ordine dorico inferiore del Colosseo di Roma (l'anfiteatro Flavio); così come la decorazione a giraghi (sotto gli archi) derivano direttamente dal mausoleo di Adriano sempre a Roma.
Come si vede dalla pianta la chiesa originaria di San Francesco non ha transetto e termina con un'abside semicircolare, come abbiamo detto l'intervento di battista Alberti consiste nel sovrapporre all'architettura preesistente la sua nuova architettura, che è caratterizzata, come abbiamo detto, dal motivo principale dell'arco trionfale che esplode in corrispondenza dell'entrata, lungo i fianchi una delle navate laterali che non esistono (sono presenti infatti solo delle cappelle) e lungo i fianchi con questo porticato che si affianca da un lato e dall’altro senza però nascondere quella che è l’architettura preesistente.
 La necessità di far appoggiare l'ordine (un ordine composito, che possiede elementi dell’ordine ionico, dorico e corinzio) in alto basamento deriva dalla volontà dell'esistenza di un unico gigante ordine, che avrebbe dovuto regolarizzare anche all'interno; tuttavia per quanto riguarda l'interno del tempio alcuni critici sostengono che anche l'interno si opera di Leon battista Alberti, altri invece ritengono che in realtà sia una reinterpretazione di quello che l'architetto voleva ad opera di Matteo de Pasti, che in realtà fu il vero esecutore materiale del tempio Malatestiano (infatti Leon battista Alberti si servì sempre di architetti per l'esecuzione materiale delle sue opere, Luca de Pasti e poi Luca Fancella nelle costruzioni di Mantova).
 All’interno è stato individuato nella decomposizione dei tre grandi arconi prossimi all'arco di trionfo (che si pone in corrispondenza di uno dei lati del vano di crociera), si è immaginato un intervento di recupero voluto così da Leon battista Alberti per il fatto che gli ordini sono sopraelevati rispetto alla linea di terra della chiesa, in corrispondenza con l’esterno (anche se la questione è ancora discussa).

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