Santa Maria presso San Satiro (1482)


La chiesa nasce come annessione al sancello a pianta centrale, ovvero la piccola chiesa paleocristiana di San Satiro e venne commissionata dalla famiglia Sforza, in particolare Galeozzo Maria Sforza. Si tratta in pratica di una grande rettangolo con entrata presso l’asse stradale, diviso in ambienti affiancati e voltati a botte. Durante la costruzione il progetto cambia; la cappella viene trasformata in transetto di una chiesa più grande.
La famiglia sforza decide di costruire una cappella per le loro spoglie.
L’intervento di Bramante consiste nel progettare la cappella che occupa un sedime acquistato dalla famiglia Sforza. Dal punto di vista impiantistico ricorda la Cappella Pazzi di Brunelleschi; quindi una cupola centrale e una serie di volte a botte con asse parallelo alla cupola per contrastarne le spinte (3 volte a botte per lato). Il sacello rimane collegato lungo un lato corto. Il primo progetto era solo la cappella. Altra citazione di Brunelleschi è la presenza di nicchie. Il progetto iniziale fu modificato fino a creare una vera e propria chiesa. Teorie indicano che il primo progetto potrebbe anche non essere suo, ma quello finale certamente lo è.
Nel 1482 si occupa della costruzione dell’intera chiesa che si organizzò nella zona retrostante.
Il progetto iniziale della cappella diviene il transetto della chiesa, che ha 3 navate con quella centrale larga come il transetto. Nello spazio di crociera ci va una cupola, la quale è semisferica e sugli oculi dei pennacchi compaiono le figure dei santi, mentre il resto è decorato a lacunari e rosette. Però, ha la concezione spaziale uguale a quelle Brunelleschiane: nello spazio del presbiterio serviva uno spazio maggiore. Qui interviene la sua formazione di architetto prospettico: in poco più di un metro e mezzo si dà l’illusione di spazi più profondi. La prospettiva non è quindi solamente un modo di organizzare lo spazio; è evidente il riferimento al Pantheon, attraverso i lacunari e le rosette, che contribuiscono anche all’illusione.
Bramante finge che dietro nel presbiterio vi sia anche un abside. Anche la cupola allude a una spazialità più grande. Bramante si occupò del prospetto della zona absidale.

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