Questa episodio, dopo il cortile del grande Palazzo Venezia, è il secondo nel quale la tecnica strutturale e le forme dell’antichità venivano impiegate in un progetto moderno; venne commissionato a Bramante da Oliviero Carafa, le strutture su cui l’architetto si trovò a lavorare erano quelle di un monastero domenicano (il cui pronao della chiesa verrà costruito da Pietro della Cortona), il compito di Bramante fu quello di razionalizzare gli spazi, per fare ciò l’architetto utilizza la campata come strumento ordinatore. Leon Battista Alberti nella sua teoria architettonica aveva stabilito (riprendendo Vitruvio e quindi riprendendo l’architettura antica) che in realtà i portici su archi dovessero insistere su pilastri perché secondo la tradizione greca il vero portico classico impostato su colonne deve avere una trabeazione rettilinea, quindi se vogliamo usare la serie delle arcate dobbiamo usare i pilastri (come facevano i romani). In questo caso Donato Bramante applica due concezioni differenti di portico, al piano terreno un portico costituito da archi impostati su pilastri, mentre al piano superiore invece abbiamo l’adozione di un portico all’antica, ossia costituito da una trabeazione rettilinea che si imposta su colonne.
In genere gli ordini architettonici (dorico, ionico e corinzio) venivano utilizzati in base alla divinità cui l’edificio era dedicato, in particolare l’ordine dorico veniva utilizzato per le divinità maschili, mentre lo ionico per le divinità femminili l’ordine corinzio invece era adottato per quegli edifici, civili o religiosi, non particolarmente importanti.
In questo caso l’adozione dell’ordine ionico era considerata da Bramante come quella fondamentale, l’edificio doveva quindi avere un ordine ionico, ma nello stesso tempo, proprio perché Bramante voleva conoscere l’antico (nel senso che voleva studiarne le diverse combinazioni), decide di applicare all’interno del suo chiostro ben quattro distinti ordini architettonici (dorico, ionico, composito e corinzio).
Rispetto però alla volontà di adottare questi quattro ordino architettonici Donato Bramante decide che l’ordine ionico sia quello che prevalga sui quattro, perché è quello che esprime la dedicazione del tempio alla Madonna, quindi si inventa tutta una serie di soluzioni architettoniche che fanno si che nonostante ci sia la compresenza di quattro ordini effettivamente su tutti prevale l’ordine ionico.
Innanzitutto decide di non collocare l’ingresso al cortile assialmente rispetto all’entrata, perché avendo esattamente in prospettiva centrale nell’ingresso al cortile, colui che entrava aveva una percezione dello spazio indifferenziata, invece entrando di lato avrebbe avuto modo di vedere un primo ordine architettonico congruamente l’ordine dorico, perciò posizione l’ordine dorico come cornice d’imposta degli archi che costituiscono le campate del piano terreno; in pratica trasforma, dal punto di vista degli elementi architettonici la cornice su cui si imposta l’arco che va a formare le campate del piano terreno, lo trasforma in echino, per cui il profilo della cornice assume il profilo dell’echino di un capitello dorico (quindi quando ci si avvicina si ha la percezione che la cornice sia un capitello dorico, perché la cornice presenta tutti gli elementi che caratterizzano l’ordine dorico).
A questi pilastri al piano terreno Bramante applica delle lesene ioniche (su cui si imposta la trabeazione) che sono quelle di ordine gigante e che si posano su degli alti plinti (citazione dell’architettura tardo antica romana); quindi abbiamo una sorta di ordine ionico che subordina l’ordine dorico che poggia direttamente per terra (il capitello dell’ordine dorico viene quindi “tagliato” dalla lesena).
Nell’antichità, quando si costruivano i portici, chiaramente se erano portici che si affiancavano ad un muro continuo, si tendeva a disegnare sul muro continui una lesena in corrispondenza della colonna (come se fosse una proiezione); in questo caso, poiché in questa posizione non è importante denunciare la presenza dell’ordine dorico, Bramante riprende proporzionalmente le linee che hanno definito il capitello dei pilastri e li ritrasforma in cornice lungo il muro, per cui lungo il muro continuo la cornice d’imposta degli archi ritorna ad essere cornice d’imposta degli archi (perde quegli elementi architettonici che, differentemente nei pilastri, gli individuano come dei capitelli dorici).
La soluzione angolare è una soluzione che abbiamo già visto con Brunelleschi, ma in questo caso serve a Donato Bramante per un motivo; siccome tutti i pilastri hanno la stessa dimensione, anche il pilastro angolare ha la stessa dimensione di quelli adiacenti, per cui arrivati all’angolo le due lesene affiancate non ci stanno, perciò l’architetto allude semplicemente alla presenza delle lesene disegnando il ricciolo terminale del capitello ionico e riproducendo l’angolo di congiunzione tra due ipotetiche basi della lesena.
Facendo così l’angolo viene a perdere la sua importanza di nodo architettonico fondamentale, per cui nella concezione di questo angolo che non è dato dall’affiancamento di due pilastri ma bensì dalla loro fusione; questa viene ancora considerata una debolezza architettonica da parte di Donato Bramante, perché differentemente da Brunelleschi non riesce ad esprimere quello che avrebbe voluto in quanto l’angolo perde la sua importanza perché gerarchicamente messo allo stesso livello degli altri pilastri (infatti hanno la stessa dimensione); differentemente nel cortile di palazzo ducale di Urbino all’angolo si assiste ad una giustapposizione di due pilastri, con una sezione ad L (questa sarà la soluzione angolare della maggior parte dei cortili cinquecenteschi).
Per quanto riguarda l’ordine superiore Donato Bramante non fa altro che proiettare la lesena al piano superiore, utilizzando però dei pilastri compositi (infatti sono formati da una sovrapposizione di più elementi, in questo caso lesene) ed inserisce tra un pilastro e l’altro una colonna con ordine corinzio (anche se il fatto che la colonna cada in falso non è corretto).
Un’altra deroga che l’architetto applica si riscontra per il fatto che se noi immaginiamo la lesena come una proiezione della colonna sul muro, allora ci rendiamo conto che l’altezza del capitello dell’ordine ionico è ridotta rispetto all’altezza del capitello della lesena soprastante.
Per cui gerarchicamente troviamo il pilastro del piano terra, la lesena del piano terra, la colonna ed infine l’altra lesena del pilastro superiore, anche se l’ordine che prevale è quello ionico.
Il confronto con il chiostro di Sant’Ambrogio a Milano mostra un progressivo avvicinamento alle forme antiche (il compimento di questo processo sarebbe stato il tempietto), che rappresenta anche uno stadio precedente nello sviluppo del tema del raddoppio delle campate al piano superiore (come anche in Santa Maria presso San Satiro).